FAQ NODULO TIROIDEO E TERAPIE ABLATIVE TIROIDEE E RADIOFREQUENZA (RFA)

Il nodulo tiroideo è una lesione della tiroide distinta dal tessuto normale, dovuto alla crescita anomala delle cellule tiroidee. Esso può essere benigno o maligno.

Circa il 95 % dei noduli tiroidei è bengno. I noduli tiroidei sono maligni nel 5% circa dei casi. Tra i noduli maligni quelli di gran lunga più frequenti sono i microcarcinomi papillari (MPTC) scarsamente aggressivi (80-90% dei tumori maligni).

Il nodulo tiroideo è di comune riscontro. Mentre studi condotti negli anni ’70 basati sull’ispezione e sulla palpazione avevano riportato una prevalenza del nodulo tiroideo dal 3 al 7% sul totale della popolazione, l’introduzione più recente della ecografia ha rivelato che la percentuale dei noduli tiroidei è in realtà assai superiore, variabile da un minimo del 20% ad un massimo del 76% della popolazione generale. Il nodulo tiroideo di riscontro ecografico ha una prevalenza simile a quella descritta da studi autoptici degli anni ’50, e cioè che il numero dei noduli riscontrati con ecografia corrisponde a quello rilevabile con esame del tessuto della ghiandola, circa il 50% delle tiroidi esaminate.

I noduli tiroidei sono più comuni nelle persone anziane, nelle donne, nei soggetti provenienti da aree geografiche carenti di iodio e in coloro che hanno una storia di esposizione alle radiazioni ionizzanti.

I noduli di grosse dimensioni vengono in genere notati dai pazienti stessi o da loro familiari/conoscenti.

I noduli tiroidei di più piccole dimensioni vengono spesso individuati casualmente nel corso di esami di immagine del collo quali eco-doppler delle carotidi, TAC, Risonanza Magnetica, PET, e scintigrafie, eseguiti per motivi non correlati a malattie della tiroide. Solo raramente i noduli tiroidei vengono riconosciuti con ecografia di screening.

  • Misurazione del TSH e degli ormoni tiroidei circolanti fT3, fT4, degli anticorpi antitiroidei anti-Tireoperossidasi e anti-Tireoglobulina: questi esami ematici riconoscono disfunzioni tiroidee, ipo- ed iper-tiroidismo eventualmente coesistenti. La maggior parte dei pazienti con noduli tiroidei presenta questi esami del sangue nei limiti di norma.
  • Agoaspirato tiroideo per esame citologico (FNAC): questo riconosce i tumori maligni. Il suo utilizzo a tappeto ha determinato crescente aumento delle diagnosi dei tumori tiroidei ed in particolare dei microcarcinomi papillari tiroidei (MPTC) negli ultimi anni.
  • Scintigrafia tiroidea ed altri esami di immagine (CT, MRI, PET) : sono utili solo in casi selezionati

Il ricorso all’intervento chirurgico di asportazione della tiroide è aumentato enormemente negli anni recenti: nel 2016 sono stati eseguiti in Italia circa 40.000 interventi chirurgici di asportazione totale della tiroide, per l’80% dei casi su donne, che hanno consentito di salvare la parte sana della ghiandola solo nel 2% dei casi.

Le piccole lesioni maligne della tiroide (MPTC), sono generalmente prive di aggressività. Per questo motivo viene talora raccomandato di non effettuare alcun intervento ma di monitorare il/la paziente: la cosiddetta “active surveillance” (sorveglianza attiva). Nel caso si sospetti aggressività del tumore (estensione extracapsulare, citologia aggressiva, sospette metastasi ai linfonodi), viene raccomandato l’intervento chirurgico di asportazione della tioride.

La maggior parte dei pazienti (circa l’80%) rifiuta la proposta di “active surveillance”; una volta diagnosticato il carcinoma, la maggioranza dei pazienti preferisce sottoporsi all’intervento chirurgico per liberarsi definitivamente della neoplasia. Dli specialisti che seguono le linee guida più consolidate, offre ai pazienti l’intervento chirurgico di asportazione totale o parziale della tiroide in oltre il 55% dei casi indipendentemente dalla aggressività del tumore al momento della diagnosi.

La chirurgia tradizionale consiste in interventi di lobectomia o tiroidectomia totale; sono state proposte varianti robotiche chirurgiche transascellari o transorali. È stata anche praticata una chirurgia video-assistita minimamente invasiva, MIVAT (Minimally Invasive Video Assisted Thyroidectomy). Qualsiasi intervento chirurgico comporta un taglio cutaneo ed una degenza ospedaliera. Soprattutto comporta il sacrificio di un lobo tiroideo o della intera tiroide.

Secondo recentissime linee guida internazionali alla stesura delle quali la TNT Association ha collaborato, l’alternativa all’intervento chirurgico e alla semplice sorveglianza è rappresentata dalle terapie ablative che offrono una soluzione al problema evitando l’intervento chirurgico di asportazione parziale o totale della ghiandola, salvando così la tiroide.

Le terapie ablative tiroidee hanno lo scopo di distruggere il tessuto nodulare sia benigno che maligno mediante la eliminazione (ablazione) selettiva del tumore, guidata da immagini ecografiche (chirurgia minimamente invasiva ecoguidata). La ablazione tiroidea si ottiene mediante la somministrazione di calore direttamente alle cellule nodulari benigne o maligne (termo-ablazione). Questa è ottenuta con la introduzione nel nodulo da distruggere, guidata delle immagini ecografiche, di dispositivi che cedono calore (radiofrequenza, microonde, laser), raggiungendo la distruzione e l’annichilimento del tumore. Quando la temperatura all’interno del nodulo supera i 60°C, in un secondo soltanto le cellule esposte al calore vanno incontro a morte.

La somministrazione di calore all’interno del nodulo può avvenire con vari dispositivi: radiofrequenza (RFA), Microonde (MWA), luce laser (LA), ultrasuoni focalizzati ad alta intensità (HIFU). Tra tutte le tecniche ipertermiche si è affermata la radiofrequenza per la sua maneggevolezza e la sua ampia possibilità di utilizzo.

Vengono proposte anche tecniche di ablazione non ipertermica, quali la Elettroporazione irreversibile (IRE) che, mediante un campo elettrico ad alto voltaggio, apre micropori sulla membrana cellulare distruggendo per morte naturale (apoptosi) le cellule tumorali.

La IRE viene utilizzata attualmente per la cura di tumori ad alta malignità e non è ancora stata sperimentata nella tiroide umana.

La termoablazione con radiofrequenza è un intervento ambulatoriale che viene effettuato senza la necessità di praticare incisioni chirurgiche per mezzo di un ago-elettrodo inserito sotto la guida di immagini ecografiche all’interno del tessuto nodulare tiroideo. Il surriscaldamento del tessuto ne causa la ablazione.

La RFA riduce mediamente del 70-80% il volume dei noduli tiroidei benigni nell’arco di un anno. La riduzione del volume del nodulo è generalmente sufficiente a far scomparire i sintomi compressivi e ottenere ottimi risultati estetici. Nel caso di adenomi iperfunzionanti (tossici o pretossici) la RFA può normalizzare anche la funzione tiroidea. La RFA distrugge i microcarcinomi tiroidei papillari dei quali nell’80-100% non rimane traccia visibile alla ecografia. I risultati migliori si ottengono su noduli benigni di volume <30 ml (diametro maggiore <5-6 cm), di forma ovale e ad ecostruttura colloido-cistica spongiforme. E’ stato provato che la RFA migliora la qualità della vita dei pazienti che la hanno effettuata.

Prima dell’intervento, è necessario determinare la natura del nodulo tiroideo mediante ago aspirato ecoguidato con ago sottile (FNA) e/o con agobiopsia tiroidea (CNB). Qualora l’intervento RFA risulti indicato, il paziente dovrà eseguire alcuni esami preoperatori, tra i quali gli esami di funzionalità tiroidea, test della coagulazione, glicemia, transaminasi, creatinina ed ECG.

La termoablazione con radiofrequenza è indicata per il trattamento dei noduli benigni solidi o parzialmente cistici della tiroide. La RFA è efficace anche nelle cisti tiroidee e nell’adenoma tiroideo a funzionamento autonomo (Autonomously Functioning Thyroid Nodule, AFTN). I tumori maligni papillari di dimensioni <1 cm o metastasi linfonodali non responsive al radioiodio né candidabili all’intervento chirurgico possono essere trattati con successo con RFA.

La tecnica più usata è la radiofrequenza monopolare. Durante l’intervento, il paziente è parte di un circuito che include un generatore di radiofrequenza, un ago-elettrodo e due piastre di dispersione posizionate sulle gambe del paziente. Esiste anche la radiofrequenza con circuito bipolare nella quale il circuito si apre e si chiude sulla punta dell’ago senza percorrere il corpo del paziente. Essa produce ablazioni ridotte e va riservata a pazienti con pacemaker o con defibrillatore impiantato.

Il paziente è collocato sul letto in posizione supina, a capo iperesteso. L’operatore pratica anestesia locale ecoguidata con lidocaina al 2% (azione breve) e bupivacaina al 10% (azione protratta). L’anestesista incannula una vena e sottopone il paziente a sedazione con midazolam 3-5 mg seguita da Propofol in pompa per infusione lenta. L’ossigenazione viene mantenuta per mezzo di “occhialini” collegati a bombola per ossigeno. I parametri vitali, inclusi respirazione, ECG, pressione parziale di ossigeno, pressione arteriosa sono monitorati dall’anestesista per tutta la durata dell’intervento. La sedazione è necessaria per facilitare le manovre e per ridurre gli atti spontanei di deglutizione. La sedazione causa semi-incoscienza e amnesia anterograda. Il paziente perde ogni ricordo dell’intervento e non lamenta alcun dolore intraoperatorio pur mantenendo una certa reattività.

L’ago-elettrodo è introdotto nel nodulo sotto guida ecografica. Le onde elettromagnetiche a radiofrequenza emesse dall’elettrodo surriscaldano il nodulo inducendo la necrosi del tessuto trattato, che verrà sostituito nel tempo da tessuto fibroso-cicatriziale. Ciò determina la riduzione di volume del nodulo tiroideo. Un sistema di raffreddamento con soluzione fisiologica ad una temperatura di -5 °C riduce la temperatura in corrispondenza della punta dell’ago-elettrodo durante il trattamento per evitare il processo della carbonizzazione.

Non occorre ricovero ospedaliero per la procedura RFA. L’intervento RFA si svolge in regime ambulatoriale, sotto sedazione ed analgesia locale ma senza la necessità di una anestesia generale con intubazione. Il risveglio è pronto al temine dell’intervento e dopo 1-2 ore di osservazione nella recovery room, il paziente è dimesso. Nell’immediato postoperatorio sono somministrati analgesici per evitare il dolore.

Alcuni operatori preferiscono effettuare l’intervento sotta la sola anestesia locale in situazioni ambulatoriali al fine di contenere i costi e per avere un controllo diretto sulla voce del paziente, che viene invitato ad emettere suoni durante l’intervento di ablazione. Questa pratica causa stress e disagio ai pazienti. In assenza di un anestesista, lo stesso operatore è chiamato, oltre che ad effettuare l’ablazione, al controllo del mantenimento delle funzioni vitali del paziente. L’intervento di un anestesista/rianimatore e l’utilizzo di una sala operatoria riducono lo stress per paziente e operatore, abbattono i disagi ed i possibili effetti collaterali, e costituiscono una tutela legale per l’operatore.

La procedura, inclusi i tempi di allestimento, ha durata variabile da un minimo di circa 15 ad un massimo di 120 minuti in dipendenza dalla dimensione e dal numero dei noduli, oltre che da variabili individuali del paziente.

RFA è ripetibile su noduli particolarmente voluminosi o in casi di recidiva.

Al termine dell’intervento è somministrata una terapia steroidea (metilprednisolone) ed antidolorifica (paracetamolo) per via venosa. Queste terapie prevengono rispettivamente infiammazione (gonfiore dei tessuti molli) e dolore. Non sono necessari antibiotici.

Il dolore è molto limitato. Generalmente si limita ad una sensazione di tensione al collo. Il paziente perde ogni ricordo dell’intervento e non lamenta alcun dolore intraoperatorio pur mantenendo una certa reattività. Il dolore post-operatorio è dominato da paracetamolo e antiinfiammatori. Molto raramente sono necessari altri analgesici o opioidi per dominare il dolore.

Dopo l’intervento RFA il paziente ha pronto risveglio ed è mantenuto in osservazione nella recovery room per 1-2 ore. Al momento della dimissione si provvede ad eseguire una ecografia post-operatoria, mettendo a confronto le immagini preoperatorie con quelle post-operatorie. Al paziente è rilasciata una lettera di dimissione che descrive succintamente l’intervento RFA e gli esiti di esso. Il giorno successivo alla procedura RFA è effettuato un controllo clinico e con ecografia.

I noduli tiroidei compaiono vicino a strutture del collo che è necessario risparmiare: arteria carotide comune, vena giugulare interna, nervo vago, plesso brachiale, simpatico cervicale, trachea, nervo laringeo ricorrente, esofago, fasce muscolari e muscoli. La visualizzazione ecografica mediante strumentazione tecnologicamente avanzata e manovre delicate durante la termoablazione a radiofrequenza permettono di risparmiare queste strutture. La tecnica di idrodissezione (separazione mediante infusione di soluzione glucosata fredda (+2 °C) del nervo laringeo ricorrente dal nodulo tiroideo minimizza il rischio di disfunzione del nervo laringeo ricorrente che muove la corda vocale. In casi selezionati proponiamo al paziente il monitoraggio intraoperatorio delle corde vocali mediante Fibrolaringoscopia (FFL).

Con tecnica appropriata, effetti collaterali e complicazioni sono di minima rilevanza e sono facilmente prevenute.

Esse possono consistere in (evidenziata la frequenza dell’effetto collaterale)

  • Senso di fastidio al collo: comune, a risoluzione spontanea in breve tempo.
  • Dolore al collo, talora irradiato alla mandibola: raro, si verifica nell’immediato post-operatorio, ha risoluzione spontanea o con antiinfiammatori in 1-3 giorni.
  • Ecchimosi cutanea: frequente, a risoluzione spontanea in 7-10 giorni.
  • Ustione cutanea puntiforme: molto rara, richiede medicazione.
  • Ascessi o infezioni: rarissimi o inesistenti.
  • Sanguinamento pericapsulare e intranodulare: rari, vengono dominati con compressione esterna (emorragia pericapsulare) o mediante la stessa RFA (emorragia intranodulare). Determinano tumefazione del collo e/o ecchimosi.
  • Disfonia (calo del tono vocale) da paralisi di una corda vocale: rara, se viene adottata la idrodissezione. Eccezionale o assente se viene effettuato in aggiunta monitoraggio intraoperatorio con FFL. La disfonia è generalmente reversibile in ore, giorni o mesi, ed è causata da surriscaldamento del nervo laringeo ricorrente che mobilizza la corda vocale. Solo assai raramente il nervo laringeo ricorrente riporta una lesione che provoca paralisi permanente della corda vocale.
  • Lesioni nervose al plesso brachiale o al simpatico cervicale (Sindrome di Horner): rarissime, parzialmente reversibili.
  • Ipo/ipertiroidismo/tiroidite autoimmune: molto rari. Essi si osservano nell’1% dei casi, sono in genere transitori, hanno come marcatori gli anticorpi antitiroidei che vengono controllati periodicamente in ogni paziente.
  • Colliquazione e rottura tardiva (10-25 giorni dopo la ablazione): rari, si verificano dopo ablazione dei noduli di grandi dimensioni. Previene colliquazione e rottura la terapia corticosteroidea antiinfiammatoria domiciliare post RFA. La terapia è conservativa, con drenaggio se la massa colliquata è di grandi dimensioni. La guarigione richiede alcuni mesi ma è completa.

Sono prescritti ai pazienti alcuni farmaci come terapia post-operatoria domiciliare:

  • Corticosteroidi in varia dose e durata per ridurre l’edema post operatorio e ridurre il rischio di una colliquazione tardiva della massa trattata, da assumersi per os a colazione.
  • Un inibitore di pompa (lansoprazolo) da assumere a digiuno al mattino con sola acqua 1 ora prima della colazione per ottenere gastroprotezione, per tutta la durata del trattamento corticosteroideo.
  • Antalgici (paracetamolo 1 g) o antiinfiammatori (ketoprofene, ibuprofene, etc..) da assumere al bisogno nel post-operatorio

Relativamente alle indicazioni proposte, la terapia termoablativa con radiofrequenza ha lo stesso risultato dell’intervento chirurgico contenendo al minimo gli svantaggi di un intervento chirurgico.

  • Svantaggi della terapia chirurgica
    • Cicatrice chirurgica
    • Perdita della funzione della tiroide in parte o del tutto
    • Effetti collaterali maggiori
    • Lesioni del nervo laringeo ricorrente con disfonia transitoria o permanente
    • Ipoparatiroidismo con calo del calcio nel sangue transitorio o permanente
    • Rischi operatori generici: emorragia, infezioni
    • Necessità di anestesia generale, di tubi di drenaggio, di ricovero ospedalierp
    • Tempi di recupero di diversi giorni
    • Peggioramento della qualità della vita dovuto alla necessità di assumere terapia sostitutiva

  • Vantaggi della terapia ablativa mediante radiofrequenza ecoguidata rispetto alla chirurgia tradizionale sono:
    • Assenza di cicatrici
    • Preservazione della tiroide normale
    • Conservazione del normale funzionamento della tiroide
    • Nessuna necessità di assumere alcuna terapia sostitutiva con tiroxina
    • Minimi effetti collaterali
    • Assenza di anestesia generale, tubi di drenaggio, di ricovero ospedaliero
    • Recupero molto rapido alle proprie attività
    • Aggressività minimizzata
    • Miglioramento della qualità della vita
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